Soglia anaerobica: quello che devi sapere

Soglia anaerobica: tutto quello che devi sapere

Negli ultimi anni gli sport di resistenza (corsa e ciclismo in primis) hanno avuto una forte espansione e sempre più persone si sono interessate alle dinamiche sul l’allenamento di queste discipline. Uno dei parametri più importanti da conoscere per stimare la propria condizione fisica è la soglia anaerobica, argomento molto discusso sul quale, però, ci sono idee spesso confuse.

Essendo un parametro molto importante da conoscere, ho pensato di scrivere un articolo a riguardo in modo da inquadrare l’argomento a 360° e avere le idee più chiare a riguardo. Come sempre al fondo trovate la bibliografia essenziale per approfondire ulteriormente.

ATP e acido lattico: cenni di fisiologia

Per capire cos’è la soglia anaerobica vanno fatti alcuni cenni sui meccanismi di produzione dell’ATP ovvero la molecola utilizzata da quasi tutte le cellule per assolvere alle proprie necessità metaboliche. L’ATP (o adenosin trifosfato) è un composto formato da una molecola di adenosina e da tre gruppi fosfato in grado di liberare energia quando avviene una reazione di distacco dei fosfati che lo compongono.

ATP => ADP + Pi + energia   => Contrazione muscolare

I legami dell’ATP con le 3 molecole di fosfato possono liberare differenti quantità di energia, più in particolare, i primi due legami sono in grado di rilasciare circa 7.5kcal per mole mentre l’ultimo solo 3.5kcal per mole

 

ATP + H20 => ADP + Pi => circa 7.5 kcal/mole

ADP + H20 => AMP + Pi => circa 7.5 kcal/mole

AMP + H20 => Adenosina + Pi => circa 3.5 kcal/mole

 

È bene ricordare che l’ATP non è l’unica molecola in grado di liberare energia e nemmeno la più “potente” ma è sicuramente la più utilizzata. Qui sotto trovate una tabella in cui sono elencati alcuni composti presenti in natura in grado di liberare energia. Come si può notare l’ATP occupa una posizione intermedia.

 

Tabella 1. Alcuni composti energetici e la relativa “potenza energetica”

Composto

Kcal/mole

Fosfoenolpiruvato

15

Fosfocreatina

10.3

Acetil-CoA

8.2

ATP

7.5

ADP

7.5

AMP

3.5

Glucosio-6-fosfato

3.5

Nei muscoli umani c’è una scorta molto limitata di ATP (circa 20mmol/kg di tessuto secco) in grado di sostenere un lavoro intenso soltanto per pochissimi secondi. L’evoluzione ci ha quindi dotati di meccanismi in grado di produrre continuamente l’ATP di cui necessitiamo. Per far sì che questo avvenga esistono fondamentalmente tre vie:

- la via metabolica dei fosfati (o meccanismo anaerobico alattacido)

- la via glicolitica anaerobico-lattacida (o meccanismo anaerobico lattacido)

- la via glicolitica aerobica (o meccanismo aerobico)

Di seguito saranno brevemente spiegati i concetti principali, nel caso abbiate bisogno di spiegazioni più esaustive vi rimando ai testi inseriti nella bibliografia al fondo dell’articolo.

Meccanismo anaerobico alattacido

Definito in questo modo perché non interviene l’ossigeno e non vi è produzione di acido lattico. È preponderante in attività brevi (in genere 5”/10” al massimo) in cui vi è una fortissima richiesta energetica (ad esempio le discipline di salto o di lancio nell’atletica leggera). La produzione di ATP parte da una molecola (la fosfocreatina o PCr) secondo la reazione:

PCr <=> Cr + Pi + Energia

Inoltre, la PCr può cedere il gruppo fosfato all’ADP permettendo la risintesi di ATP secondo la reazione:

PCr + ADP + H⁺ <=> ATP + Cr

In questa reazione vi è la “scomparsa” di uno H⁺ che può contribuire (seppur in misura ridotta) tamponare il pH durante gli sforzi muscolari.

Meccanismo anaerobico lattacido

Quando l’organismo è sottoposto a sforzi intensi e prolungati, l’ATP richiesto eccede la capacità di produzione attraverso gli altri meccanismi. In questo caso le molecole di glucosio non possono essere “bruciate” completamente quindi il processo di glicolisi si interrompe alla produzione di acido piruvico che poi diventa acido lattico.

La carenza di ossigeno è uno dei motivi principali che spinge l’organismo a sfruttare questo meccanismo in casi di sforzi intensi che durano da pochi secondi a qualche minuto. Lo “scotto” da pagare sta nella produzione di acido lattico (che andrà poi rimetabolizzato) e degli effetti collaterali che ne conseguono (sensazione di fatica in primis).

Meccanismo aerobico

È la via di risintesi di ATP che consiste in una lunga serie di reazioni chimiche al termine delle quali il glucosio è scomposto totalmente fino ad ottenere CO2, acqua ed energia che viene utilizzata per rifabbricare il legame ad alta energia tra ADP e la molecola di fosfato.

Oltre che dal glucosio, l’energia può derivare anche dalla “demolizione” degli acidi grassi liberi che vengono anch’essi “bruciati” (ossia ricombinati con l’ossigeno, ecco perché è definita “via aerobica”) completamente fino ad ottenere, anche qui, CO2, acqua ed energia anche qui utilizzata per produrre nuovo ATP.

In misura molto marginale, questa via metabolica può utilizzare anche le proteine a fini energetici.

Cos'è la soglia anaerobica

L’enorme diffusione che gli “sport aerobici” (corsa e ciclismo soprattutto) hanno avuto negli ultimi anni ha acceso i riflettori sul concetto di “soglia anaerobica” legato a doppio filo con la molecola dell’acido lattico di cui abbiamo parlato in questo articolo.

Dopo che il Premio Nobel per la medicina del 1923 fu assegnato proprio per gli studi sull’acido lattico, si intensificarono i lavori per comprendere le dinamiche che permettevano di migliorare le prestazioni negli sport di resistenza.

Nel 1959 il fisiologo Wildorf Hollmann introdusse il concetto di “point of optimum ventilatory efficiency” ipotizzando che, oltre una certa intensità di lavoro, la richiesta energetica derivasse sia dal meccanismo aerobico sia da quello anaerobico producendo una certa quantità di acido lattico. Riportando i dati su un grafico (Grafico 1, vedi qui sotto) Hollmann riuscì a creare una relazione tra la ventilazione polmonare e la quantità di ossigeno consumata individuando una soglia (intorno ai 2,5 l/min)) che coincideva con l’aumento dell’acido lattico nel sangue e una diminuzione del pH.

Grafico 1. Relazione tra la ventilazione polmonare e VO2

 

Basandosi su queste scoperte, nel 1964 Wassermann e Mcllory affinarono il monitoraggio di alcuni parametri (ventilazione, consumo di ossigeno e produzione di anidride carbonica) definendo questa zona del grafico come “anaerobic threshold” o “soglia anaerobica”.

Volendo dare una definizione di soglia anaerobica potremmo esprimerla come:

- il passaggio da un aumento lineare a non lineare della ventilazione polmonare

- il passaggio da un aumento lineare a non lineare della eliminazione di CO2

- il punto oltre il quale c’è un aumento del quoziente respiratorio

- il punto oltre il quale c’è un aumento non lineare della quantità di acido lattico nel sangue

 

Soglia anaerobica e aerobica

Alla fine degli anni ’70 alcuni ricercatori si accorsero che erano individuabili due soglie nell’ambito dei test incrementali. La prima, identificabile a intensità più basse, venne definita “soglia aerobica” e identifica il limite al di sotto del quale l’energia per compiere un esercizio deriva unicamente dal meccanismo aerobico. A questa intensità gli atleti possono compiere sforzi di decine di minuti o alcune ore (ad esempio attività di bassa intensità ma anche la maratona nel caso di individui ben allenati). Per dare un’indicazione di massima, a questa intensità la concentrazione di acido lattico nel sangue si attesta attorno alle 2 mmol/l.

Come già accennato, invece, se l’intensità dell’esercizio sale ancora, il metabolismo energetico comincia a spostarsi verso un utilizzo sempre maggiore degli zuccheri che comporta una maggior produzione di acido lattico. Fino ad una certa soglia (definita in questo caso “soglia anaerobica”) l’organismo è in grado di smaltire l’acido lattico prodotto che quindi non si accumula e rimane su valori stimati, in media, attorno alle 4 mmol/l.

Se l’intensità dello sforzo sale ancora, il metabolismo energetico pende decisamente verso l’utilizzo degli zuccheri e viene prodotta una grande quantità di acido lattico che supera le capacità di smaltimento dell’organismo. Questo comporta un accumulo di questa sostanza e un cambio del pH (ricordiamo che l’acido lattico è composto da uno Laˉ (ione Lattato) e uno H⁺ (ione Idrogeno),responsabile del grado di acidità di una soluzione. Per evitare un eccessivo calo del pH ematico (che tollera leggerissime variazioni) vengono inibite/bloccate molte reazioni enzimatiche che producono la contrazione muscolare e il soggetto è costretto a rallentare o fermarsi. Quindi, ricapitolando:

A riposo: il metabolismo di alcune cellule sprovviste di mitocondri comporta una piccola produzione (circa 1 mmol/l) di acido lattico, che quindi è sempre presente (a bassissime concentrazioni) nel nostro sangue. Il meccanismo aerobico riesce a soddisfare le basse richieste energetiche.

 

Soglia aerobica: tipica delle attività blande in cui c’è un maggiore (ma leggero) coinvolgimento del meccanismo anaerobico che porta i livelli ematici di acido lattico (mediamente) attorno alle 2 mmol/l (Mader 1976, Kindermann et al. 1979).

 

Soglia anaerobica: se la richiesta energetica sale ancora c’è un coinvolgimento ancora maggiore del meccanismo anaerobico e la produzione di acido lattico aumenta ulteriormente. Fino ad una certa soglia (la soglia anaerobica appunto, mediamente attorno alle 4mmol/l) l’organismo riesce a smaltire l’acido lattico prodotto ma se c’è un ulteriore richiesta energetica (dovuta al protrarsi dell’esercizio o a un ulteriore aumento di intensità) questo equilibrio si rompe, subentra la fatica e/o l’interruzione dello sforzo.

 

Precisiamo ancora un paio di cose: i valori (1, 2 e 4mmol/l) sono puramente indicativi, atleti molto ben allenati possono tollerare valori di acido lattico decisamente superiori.

La definizione di “soglia” non è casuale. Non si tratta di un “punto” preciso oltre la quale cambia l’ambiente metabolico ma di una vera e propria soglia (che quindi può essere leggermente maggiore o minore del valore indicato) attorno alla quale i meccanismi energetici iniziano a intervenire in modo diverso. Molti fattori possono “falsare” questa soglia. In primis aspetti alimentari ma anche psicologici possono modificare (in meglio o in peggio) questi valori.

 

Calcolo della soglia anaerobica: i test di valutazione

In generale, per valutare le capacità aerobiche di un soggetto si utilizzano test incrementali ovvero prove ad intensità crescente fino al raggiungimento di un’intensità che non permette di proseguire l’esercizio. In questi test incrementali si possono misurare le concentrazioni ematiche di acido lattico nel sangue e, rapportandolo con l’intensità dell’esercizio, costruire un grafico come quello qui sotto.

Grafico 2 – Concentrazione di acido lattico nel sangue a varie intensità di lavoro

Il test di Conconi

Ovviamente per stimare le concentrazioni di acido lattico nel sangue bisognerebbe effettuare dei prelievi sanguigni sull’atleta, cosa abbastanza complessa e poco applicabile sul campo. Anche se abbastanza datato è ancora utilizzato il test di Conconi (Conconi et al. 1982) che permette di stimare la soglia anaerobica del soggetto mettendo in relazione la velocità di corsa con la frequenza cardiaca. In questo modo è sufficiente un cardiofrequenzimetro per disegnare una curva come quella riportata nel grafico qui sotto (Grafico 3).

Grafico 3. Relazione tra velocità di corsa e frequenza cardiaca (test di Conconi)

 

Questo test si basa sul rilievo della frequenza cardiaca di un soggetto che compie tratti di breve durata (nella corsa in genere 200m ma sono state proposte applicazioni diverse per vari sport) a velocità crescente; la frequenza cardiaca inizialmente aumenta in maniera lineare con la velocità di corsa fino a raggiungere una soglia in cui questa linearità si “spezza” (attorno agli 11km/h in questo caso). Questo punto (o meglio, questa zona) ha una certa corrispondenza con la soglia anaerobica.

Un esempio di test di Consoni per la corsa potrebbe essere:

-Fase di riscaldamento

-Indossare un cardiofrequenzimetro per monitorare la frequenza cardiaca

-corsa di 200m a 9km/h per 60”

-corsa di 200m a 9,5km/h per 60”

-corsa di 200m a 10km/h per 60”

-si procede con aumenti di 0,5km/h mantenuti per 60” fino a che il soggetto riesce a mantenere la velocità di corsa

-si riportano i dati in un grafico e si valuta l’andamento della curva

Certo, si tratta di un test da campo (quindi con margini di errore) ma facilmente applicabile che può dare preziose informazioni agli allenatori per monitorare i progressi degli atleti.

Bibliografia:

Bosquet L., Léger L., Legros P. – “Methods to determine aerobic endurance” – Sports Med (2002)

Yoshida T., Udo M., Chida M., Ichioka M., Makiguchi K., Yamaguchi T. – “Specificity of physiological adaptation to endurance training in distance runners and competitive walkers” – Eur J App Physiol (1990)

Mujika I., Padilla S., - “Cardiorespiratory and metabolic characteristics of detraining in humans” – Med Sci Sport Exerc. (2001)

Conconi F., Ferrari M., Ziglio P.G., Droghetti P., Codeca L.: “determination of the anaerobic threshold by a noninvasive field test running” – J. App Physiol Respir Environ Exerc Physiol (1982)

Mader A., Liesen H., Heck H. – “Zur beurteilung der sportartspezifischen ausdauerleistungsfahikeit im labor” – Sportarzt Sportmed (1976)

Kindermann W., Simon G., Keul J. – “The significance of the aerobic-anaerobic transition for the determination of workload intensities during endurance training” – Eur J App Physiol Occup Physiol (1979)

Marcelo Magalhaes Sales et al. – “An integrative perspective of the anaerobic threshold” – Physiol Behav (2019)

Herbert Lollgen et al. – “Exercise testing in sports medicine” – Dtsch Arztebl Int (2018)

Arcelli E., Franzetti M. – “Acido lattico e sport” – Ed. Correre

Arcelli E., Dotti A. – “Mezzofondo veloce: dalla fisiologia all’allenamento” – Centro Studi & Ricerche